Prima classificata al Concorso di Poesia Trasimeno 2022, categoria "Romanzo inedito"
"Il cielo lentamente imbruniva nel cortile protetto da un maestoso albero dai rami fittamente rivestiti di fiori purpurei, sbocciati sulla corteccia nuda prima ancor del germogliar delle foglie."
Luoghi Interiori Edizioni, 2022
Fiori caduti
ai piedi dell'albero di Giuda
Romanzo
Di fronte ai bivi più importanti della vita è spesso l'altra metà di noi, fatta di coloro che più ci sono vicini, a segnare la strada. Perché tra proseguire o deviare non solo si gioca la nostra esistenza, ma anche quella di chi più amiamo.
È proprio qui che si trova Virginia, di fronte a più vite possibili in attesa: un crocevia determinante per le sue scelte future. Difficile capire dove andare, fare la scelta giusta, ma grazie al confronto con Annalisa, la sua amica di sempre, Virginia riuscirà a compiere un bilancio della propria vita e a ripercorrere i momenti più significativi: l'incontro con gli umini della sua vita; ma soprattutto con le quattro donne che hanno lasciato un'impronta qualificante nella formazione della sua personalità.
Dopo aver percorso e condiviso i momenti fondamentali delle loro esistenze, Virginia, Annalisa, Camilla e Beatrice si ritroveranno tutte e quattro ancora insieme, ancora ricche di progetti e mete da raggiungere, ai piedi di un maestoso albero di Giuda, a dimostrazione che ogni essere vivente, nonostante errori e sconfitte, così come Giuda, il traditore di Cristo, ha un proprio ruolo nella storia dell'umanità, spesso fondamentale nella realizzazione del piano divino nella storia, inattingibile ai comuni mortali.
Virginia, la protagonista, si trova a un bivio determinante per le sue scelte future. Il confronto con la sua amica di sempre, l’altra metà di sé, come lei stessa la definisce, la costringe a compiere un bilancio della propria vita e a ripercorrerne i momenti maggiormente significativi, l’incontro con gli uomini più importanti della sua vita; ma soprattutto con le donne che hanno lasciato un’impronta qualificante nella formazione della sua personalità: si rincontreranno alla fine, ferite e segnate da cicatrici profonde, ma non sconfitte.
La vera identità di ciascuna delle coprotagoniste è rivelata in fieri dall’Autrice che, attraverso particolari apparentemente trascurabili, un poco alla volta ne mette a fuoco la natura più profonda e inconfessata, da cui scaturisce il ruolo che ciascuna di loro interpreta nella storia.
Virginia, come lascia intendere il nome, appare essere metafora della perfezione: di buona famiglia, sanamente bella, ottiene ottimi profitti sia sui banchi di scuola sia sui campi sportivi. Incorruttibile e altera, è definita dall’Autrice una novella Clorinda, persegue i propri obiettivi professionali con determinazione; tuttavia nasconde un tallone d’Achille, che nemmeno lei stessa sospetta: come l’indimenticabile personaggio del Tasso è dominata da una sensualità torbida e prepotente a cui tenterà inutilmente di sottrarsi e che la renderà vittima dei suoi istinti inducendola nella vita di coppia a scelte perennemente sbagliate. Giunta a una svolta decisiva della sua esistenza, prende coscienza della propria solitudine contrassegnata dal rapporto conflittuale anche con il secondo marito e con i figli. Le sono accanto a sostenerla l’affetto delle amiche di sempre e gli allori professionali.
Annalisa è una donna di successo sia nella professione sia nel rapporto con il marito e le due figlie. Tuttavia, come lascia intendere il nome Anna Lisa, rivela una doppia personalità: moglie madre e amica irreprensibile, come nel celebre dipinto di Leonardo nasconde un secondo volto enigmatico: segnata dal fallimento del matrimonio dei propri genitori, ha rinunciato all’unico uomo che veramente ha amato per timore di commettere lo stesso errore commesso dai suoi unendosi a un uomo troppo diverso da lei per cultura ed estrazione sociale, senza peraltro riuscire mai a dimenticarlo. Ambedue sono irrigidite dal ruolo che hanno interpretato nella vita e si esprimono con un linguaggio alto e dotte citazioni, che solo loro comprendono quando dialogano come fossero due metà della stessa persona.
Camilla, come il personaggio virgiliano, è una femminista ante litteram e si ribella alle convenzioni sociali che la famiglia di origine tenta di imporle. Tuttavia dovrà scendere a compromessi per proteggere gli amati nipoti, per lei i figli che non ha mai potuto avere. Riuscirà comunque a vivere la sua vita e a realizzarsi professionalmente.
Beatrice, segnata nell’adolescenza da eventi luttuosi, senza alcuna premeditazione, diverrà faro di luce per le altre tre protagoniste: indurrà Camilla a prendere coscienza della sua vera natura e accettare la propria omosessualità, aiuterà indirettamente Virginia a comprendere i propri errori e grazie a lei Annalisa incontrerà l’uomo accanto al quale ricostruirà il suo equilibrio; infine, aiuterà il marito a riscattarsi da un destino di delitti e corruzione.
Dopo aver percorso e condiviso i momenti fondamentali delle loro vite, si ritroveranno tutte e quattro ancora insieme, ancora ricche di progetti e mete da raggiungere, ai piedi di un maestoso Albero di Giuda, a dimostrazione che ogni essere vivente, nonostante errori e sconfitte, così come Giuda, il traditore di Cristo, ha un proprio ruolo nella storia dell’umanità, spesso fondamentale per la realizzazione del piano divino della storia, inattingibile ai comuni mortali.
Nei capitoli iniziali, I-VII, l’andamento narrativo è lento, immerso nell’incanto delle memorie condivise. L’Autrice volutamente indulge in descrizioni di paesaggi e stati d’animo, che hanno un duplice scopo: presentare i due personaggi principali, Virginia e Annalisa, e creare una atmosfera sospesa che preannuncia l’esplosione del dramma, a lungo rimandata. L’azione, più intima e scandita da dialoghi piuttosto che da un effettivo movimento, si svolge in collina e in vista dell’acque ferme e quasi stagnanti di un lago. Paesaggi montani, meglio ancora alpini, densi di minacce e pericoli, nel cap. VIII, fanno da sfondo alla presa di coscienza e allo scatenarsi dell’azione drammatica. Il mare, infine, con la sua cangiante mutevolezza: acque azzurre e piatte come olio, torbide e battute dai marosi, è lo scenario in cui è collocata l’azione nei suoi punti nodali. I momenti di maggiore drammaticità sono sottolineati dal prosimetro.
Buona lettura.
Menzione d'Onore "I Murazzi 2020"
Premio nazionale di poesia “Alberoandronico 2021”
"Altra via non è
che mettersi a nudo e, lacerando
il cuore, consegnare alla luce
brandelli
di un incorrotto amore."
Bertoni Editore, 2020
Le stagioni della vita
«...Luoghi, persone, stagioni, eventi, e i mutamenti dell'aria, le distese marine, gli interni delle case, la grazia degli affetti, le fitte nostalgie, le malinconie avvolgenti, sono sostanza e forma di questa raccolta. [...] Un vasto mondo si mostra nelle sue luci e nelle sue ombre. E perdura l'attesa come urgenza di rinnovarsi, mai smettendo di credere nella Bellezza, come assoluto, come mai rinunciato traguardo...».
Dalla Prefazione di Elio Pecora
Pagine, 2020
M'illumino d'immenso
Antologia poetica
Cento anni sono passati da quando Giuseppe Ungaretti, in quel di Santa Maria La Longa, provincia di Udine, creava quello che è considerato il più breve ma anche il più famoso e conosciuto componimento italiano: “M’illumino d’immenso”, titolo ufficiale “Mattina”. Con sole quattro parole, il grande precursore dell’ermetismo riusciva a descrivere il contatto dell’uomo con l’assoluto, del finito con l’infinito. Un contatto che ogni poesia riesce a stabilire, attraverso parole che diventano segni che diventano significati che diventano ricordi ed emozioni. La nostra antologia vuole proporre le sensibilità e le visioni di poeti contemporanei che hanno scelto la poesia come loro espressione somma, che attraverso versi e rime scelgono di mettersi “in contatto” esponendo la loro anima senza infingimenti e compromessi, fino a toccare l’anima del lettore, perché, come spiegava bene Salvatore Quasimodo, “la poesia è la rivelazione di un sentimento che il poeta crede che sia personale e interiore, che il lettore riconosce come proprio”.
Contiene i componimenti dell'Autrice:
Poemetto Primavera a 'mmare
Trilogia In Mortem
Fondazione Mario Luzi Editore, 2019
Mario Luzi
Enciclopedia di Poesia Italiana
10(2019)
«[...] La grande famiglia umana si riconosce e batteza in questi crocevia del silenzio, nei passaggi di senso o dubbiosità e ricompone quel fragile intrecccio di immagini e umanità che ci fissano al quadro della grande storia universale.
Questa Enciclopedia - unica nel suo genere e soprattutto così variegata, molteplice e ampia - possiede il tentativo di una ambiziosa rappresentatività e rappresentazione, di assoluzione nel Verbo poetico.»
dalla Prefazione di Mattia Leombruno
Contiene i componimenti dell'Autrice:
Tempo di pace
15 marzo
Vela
Menzione di Merito "Premio Roma"
Edizioni Progetto Cultura, 2018
Il greco duale
In un momento estremamente grave della sua vita, confinata in un letto d’ospedale in coma farmacologico, la protagonista, nei momenti di lucidità, ripercorre le tappe salienti della sua ricerca personale alla conquista della libertà e dell’affermazione del sé. I ricordi non seguono un ordine cronologico, ma si dipanano lentamente sull’onda delle emozioni che scaturiscono dall’indagine condotta attraverso uno scavo interiore impietoso e privo di mistificazioni, in cui molti di noi, soprattutto donne, possono riconoscersi: dal fallimento del proprio matrimonio, alla conquista della indipendenza; dal credo politico, alla ricerca della salvezza nel presente attraverso l’esperienza cristologia; dalle tentazioni della carne all’impegno nel sociale.
Esperienze dolorose e disillusioni si alternano a momenti di successo e di gioia sullo sfondo degli avvenimenti storici e rivolgimenti sociali degli ultimi decenni del XX secolo, la cui tesi sembra essere il tradimento delle élites intellettuali, con cui la protagonista si identifica, da cui è scaturita la catastrofica situazione politica internazionale contemporanea: “Ho tradito me stessa e i miei ideali”, afferma l’autrice, che ha pagato e continua a pagare in prima persona il costo dei fallimenti e dei limiti che attribuisce a se stessa. Il bilancio termina con il proposito di correggere almeno in parte gli errori, attraverso il perdono. Ma il finale rimane aperto: non sappiamo se la protagonista riuscirà a portare a compimento ciò che si è riproposta ed in questa scelta potremmo riconoscere l’invito rivolto al lettore di affrontare una propria ricerca personale al fine di trovare da solo la propria via di soluzione.
«Questo romanzo nasce da una scrittura fortemente sorvegliata. La forma narrativa, pur essendo in prima persona, è guidata con distacco, attraverso un lento e sofferto recupero del passato, che si traduce in una riuscita operazione proustiana. Tra queste pagine si muove una donna che attua una continua presa di coscienza del suo ruolo di donna, di madre e di docente. Viene così componendosi una storia fuori del comune. Sullo sfondo di una Roma, e di un’Italia, degli anni settanta, gli anni di piombo del terrorismo. L’incipit del romanzo è in qualche modo anche l’acme, non a caso si scoprirà che coincide con l’ultima sequenza del libro. Da qui comincia il cammino a ritroso, la ricerca del tempo perduto. La sorpresa finale che attende il lettore è che a lui compete la parte di chi deve formulare una possibile conclusione del romanzo. Un work in progress di straordinario interesse».
Dalla Prefazione di Anna Maria Vanalesti
Con: Nives Fezzardi, Ambrogina Sirtori e Ambra Manuela Tremolada
Pagine, 2016
Messaggi
Comunicare al giorno d’oggi sembra un atto semplice e immediato, vi è un proliferare di strumenti di comunicazione che permettono lo scambio, l’interrelazione… quando, in fondo, permane in ognuno di noi un senso di profonda individualità, forse sì, di solitudine. Paradossalmente proprio questa solitudine, nel turbinio del quotidiano, ci permette di rimanere in contatto con noi stessi, con la struttura emozionale ed esistenziale che ci attraversa e, quindi, di comunicare in modo autentico. La poesia ci aiuta a ricordare tutto questo, a non perderlo nel piattume di un conformismo estetico e pratico che si dimentica delle vibranti e vitali specificità; la poesia ci relaziona profondamente con l’altro anche quando non incontra che il silenzio di lettori ignoti. La poesia ci aiuta a trasmettere un messaggio vero, profondo ed autentico perché non è orfana di un’intimità indagata che sa emozionare.
I nostri autori, mediante la loro arte, ci regalano messaggi di vita, ci regalano se stessi nella loro complessa diversità; come Gillo Dorfles ha riferito: «Un messaggio offre il massimo d’informazione quando la sua inaspettatezza ed imprevedibilità, ci procura il massimo del piacere».
Menzione d’onore al XII Premio Letterario Internazionale “VOCI. Città di Albano Terme” 2017
Edizioni Progetto Cultura, 2016
La Parola cercando.
Poesie
Il titolo “La Parola cercando” è tratto dalla lirica In aula, di cui alcuni versi sono riportati di seguito. Esistono parole, parole vere, che non abbiano un rapporto con quella Parola che esprime il desiderio, il più profondo, dell’Assoluto? La sua passione? La Parola
...che squarciasse
il cuore, e colmasse di lacrime
e incertezze, la Parola che incanta
e instilla il dubbio che, solo,
conduce alla Sapienza...
Forse che ogni nostra Parola - anche la bestemmia - non rivela in fondo la ricerca di Qualcuno che finalmente sappia dirci parole di vita? La Poesia è una Parola trovata. E fare Poesia è sempre “la Parola cercando”. Ed è poesia proprio per questo miracolo di far risuonare nella semplicità delle parole comuni l’eco di una profondità che loro, per abitudine, per usura, per superficialità, hanno perduto. Parola, secondo una possibile etimologia, deriva dal greco “paraballo”, scagliare, tirar fuori. Una parola è vera quando tira fuori, quindi rivela, ciò che custodiamo nel cuore. Per questo la parola è un dono di noi stessi agli altri; ma, per essere tale, occorre cercarla. Cercare la parola adatta, quella vera, quella autentica, quella che si è nutrita della nostra carne e del nostro sangue; discernerla fra le tante che l’emozione, la moda, l’uso comune e maschera che ci siamo messi o ci hanno messo, costa fatica ed espone al rischio.
Fin dal primo verso l’autrice appare creatura marina: nata dal mare, vorrebbe vivere libera e indocile come un’onda che non è possibile domare. Tutto travolge nella disperata ricerca di quella libertà assoluta che non è dato ottenere all’essere umano, legato alla terra; ma deve accontentarsi di quella libertà che il suo professore di filosofia morale alla Sapienza, il filosofo A. Lombardi, definisce pesante, una libertà di scelta, costretta da infiniti impedimenti. E così l’autrice nella sua ricerca, che non si arrende, trascina con sé le scorie raccolte tra la sabbia tra frammenti di vita vissuta che scivolano come grani tra le dita.
Con scavo impietoso a volte addebita a se stessa la responsabilità di tali impedimenti, nella viltà di non aver saputo compiere scelte definitive di salvezza; a volte sono i doveri che non è riuscita a scrollarsi di dosso schiacciata dal senso di responsabilità che le è stato inculcato fin da bambina. Ed ecco la tagliola in “ Babele” ( v.12), o il braco e le ortiche di “E se non fossero loro” (vv.13-14), o il laccio di elastico liso in “Petali”, o la vena d’acqua strozzata in fondo al pozzo in “San Salvatore delle Milizie” .
A volte sono gli errori commessi dettati da quella che lei stessa definisce “la comune inadeguatezza umana” in Babele, o la schiavitù della carne in “Catullo carme 85” e in “Anna” o ancora in “Catullo carme VIII”; o la cecità dell’anima e del cuore denunciata ne “Il calice”. Questo mettersi a nudo è doloroso, afferma l’autrice in Babele: “meglio sarebbe del corpo le ferite”, ma è dettato da un bisogno insopprimibile di comunicazione, la necessità di fare dono di se stessa nella speranza di essere finalmente compresa, spogliandosi di tutti gli infiniti ruoli che le sono stati attribuiti e di cui si è caricata: madre, figlia, docente, sposa, amante, per tornare ad essere semplicemente donna e come tale essere ricordata.
Sa bene che nel giudizio corrente di chi la circonda è considerata, ed ella stessa si considera, una privilegiata, che dalla sorte sembra aver ricevuto tutto: affetti, benessere e stima. Ma pochi sanno quanto alto sia stato il prezzo da pagare: i rammendati nodi in “ Per dissetarmi” o l’orchidea impavida che incontriamo “Nel giardino”. È’ anche consapevole di essere spesso stata fraintesa. Penso al rimprovero della madre (“Mia Madre”):
La colpa è mia
che ti ho fatto studiare... Adesso
non avresti tante idee
strampalate per la testa,
saresti più semplice
e felice…
Ma la felicità non è di questo mondo ("Alle Maldive di Pasqua”), l’autrice ne è ben consapevole; eppure, afferma, è bene così: senza il dolore ( “Il ciondolo” ) della vita non apprezzeremmo la bellezza, come non appezzeremmo il profumo di una rosa che non avesse spine. Tuttavia la sua è una speranza indomabile e feroce (“Il lampione solitario”), è il lumicino che tenta di offrire alla figlia che vede ancora brancolare (“A Germana”), è la nave che porta in salvo verso altri lidi (“Tamburriata Napulitana” ), nella “Terra Promessa”.
Come ha sottolineato nella Prefazione il fine critico Anna Maria Vanalesti, per la Iodice la scrittura è scialuppa di salvataggio sul cui fondo depositare fallimenti e angosce, con l’ausilio di una parola retaggio della lunga frequentazione dei classici. Ed è così che si riallaccia a Catullo e riprende il canto dove il poeta latino lo ha interrotto per calarlo nel dolore disincantato dell’oggi, attualizzandolo, come ha ben compreso la compagna di cattedra e carissima amica Silvia Belicchi. Ed è ancora così che alla domanda rivoltale da alcuni amici, con cui ha assistito alla proiezione del film “La pazza gioia” , come si possa giungere ad uccidere il proprio figlio, risponderà: è l’eterna tragedia di Medea: per proteggerlo dal male e dal dolore del mondo cullandolo in un eterno abbraccio. Chissà che l’approdo e la soluzione alla ricerca non sia semplicemente l’amore, come è detto in “Pesci rossi”:
forse dovremmo nutrirci di baci
e di carezze solamente.
Di sicuro, saremmo più
felici.
Con: Latif Alsaadi, Fabio Ancora, Marivanna Bergamelli, Titti Di Dario, Levian, Lorenzo Mengarelli
Pagine, 2016
Colori
Van Gogh ha detto: «Non c’è blu senza il giallo e senza l’arancione […] Le leggi dei colori sono inesprimibilmente belle, proprio perché non sono dovute al caso». Non vi è caso nelle opere d’arte, ma sensibilità e ingegno dell’Artista nel cogliere gli infiniti quanto celati intrecci armonici dei colori della vita. Non c’è arancione senza l’abbraccio del blu e del giallo, come non vi è luna senza l’alternanza puntuale di bianco e nero, di pieno e di vuoto. L’artista è colui che coglie gli intrecci, i colori e le sfaccettature, innumerevoli e cangianti dell’animo umano come specchio dell’anima del mondo, è colui che vede e che sa dar voce, indagando, alle leggi che soggiacciono a quegli eventi emozionali apparentemente ineffabili e così incomprensibili. Non vi è accidente nel nostro vivere, così come non vi è caso nell’arte poetica, nei suoi versi e nella sua rigorosa struttura. In questo compendio poetico i nostri Autori son come pittori che, con sensibilità e maestria, accostano piccole pennellate di parole alle altre fino a creare un quadro variopinto e idilliaco di quella che è la profondità del vivere umano.
Contiene i componimenti dell'Autrice:
Et excrucior
La terra promessa
Le stagioni dell'amore
Il Piccolo Principe
A mia madre
A Germana
Nel giardino
A Giulia
Per dissetarmi
Tamburriata napulitana
Schiudi le labbra
Nihil sine sole
Con: Francesco Anelli, Emanuela Inglima, Grazie Lomolino, Monica Lungu,
Antonio Nicolò Maurantonio, Maria Grazia Migliaccio, Arianna Mohamed, Stefano Mua,
Comasia Nitti, Oreste Ottaviani, Rosaria Pantò, Giulia Zappone
Pagine, 2015
Tracce
La poesia è quel lampo che fa sentire nell’uomo – nel suo perire – la verità del suo essere immortale.
Giuseppe Ungaretti
La nostra epoca si trova a dover fare i conti con una condizione esistenziale di intrinseca precarietà: l’uomo sembra una goccia di rugiada appesa ad una foglia, assume una forma di costante instabilità. Vive come colui che sta per cadere, che sta per lasciare la presa. Ogni sua creazione autentica sembra derivare dal suo “essere in questione”, piuttosto che dal suo rapporto concreto con il mondo: manifestazione di un vuoto, di una mancanza, di un’assenza che si sviluppa nell’eterna ricerca di “un” sé. Lacan rovescia definitivamente il vecchio «penso, dunque sono» di Cartesio in «se penso, non sono», in quanto l’essere si agita, appunto, al di sotto e prima della patina del razionale, dell’ammissibile, del comprensibile. L’uomo sfugge a se stesso, alla sua stessa presa, particolarmente a quella della ragione; dei suoi percorsi non possiamo, ormai, che seguirne soltanto le tracce… In questa prospettiva, le opere raccolte in questa collana poetica, diventano tracciati concreti che affiorano nell’incanto fonico o si rapprendono nel dispotismo ritmico-musicale; tensione e grido strappati alla sintassi in microcosmi semantici, con la leggerezza di una foglia nel brusio dell’esistenza. Sono forme inspiegabili che alludono – senza raccontare – ad un passato smarrito e lasciano traccia indelebile; ideogrammi sconosciuti sciolgono o imprigionano il lettore in un enigma che ci ricorda, parafrasando Ungaretti, che «La poesia è quel lampo che fa sentire nell’uomo – nel suo perire – la verità del suo essere immortale».
Aa. Vv.
L'erudita, 2013
Premio Walter Mauro, 1a edizione
In tempi come questi, in cui scrivere sembra essere alla portata di tutti, la forza della parola, la qualità dei contenuti devono diventare requisiti essenziali per uno scrittore, il cui mezzo - la parola appunto - è uno strumento immediato, diretto, che arriva al lettore e lo guida. Questa antologia raccoglie le voci di più autori che hanno saputo esprimere i loro pensieri attraverso la vitalità della loro scrittura, esercizio non sempre facile. La prova e l'ispirazione non si fermano di fronte a barriere o limiti di genere, per questo abbiamo riunito poesie e racconti, per questo abbiamo ritenuto necessario che quella parola - mezzo immediato e prezioso - può e deve essere celebrata in versi come in prosa. La celebrazione massima, poi, arriva quando al lavoro di questi autori appassionati si associa una sorta di dedica, uno sfondo che lega ogni scritto nel vincolo sacro della memoria. In questo caso è la figura di Walter Mauro, che alla parola ha dato un posto d'onore, rendendola non solo strumento guida per la lettura e focus di ogni espressione, ma soprattutto chimera raggiunta con stupefacente ardore e competenza. Walter Mauro, grande professionista, grande amico.
Contiene il componimento dell'Autrice:
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